Adorati
adepti, iniziamo questa settimana con un evento speciale: la Drag
Week! Sei giorni fra lustrini, guêpière e tacchi alti. Film,
romanzi e articoli, per concludere sabato con una sorpresa in
anteprima! Seguiteci ogni giorno e trovate gli indizi che vi
lasceremo. Ecco il primo e buona lettura!
“Tim
Curry goes to Ventana Canyon,” I said, tossing all the trashy
fucking clothes over my shoulder. “Darren, let me repeat that. Tim
Curry goes to Ventana Canyon.”
“I don’t know who that is,”
he said.
I shrieked into the phone.
“Ow,” he said. “Why
do you have to be so—”
“Dr. Frank-N-Furter! Rocky Horror
Picture Show!”
“Never saw it.”
“I don’t…
understand. You never… saw… it? What does that even mean?”
“Oh
boy.”
“How does one not see it? What kind of self-respecting
gay are you?”
Richard
O’Brian, creatore del musical “The Rocky Horror Show”, è un
assoluto genio.
Chissà
se
ai tempi avesse mai, nelle più rosee previsioni, pensato che la
sua opera non solo fosse un successo epocale, ma che segnasse anche
dei modi di dire.
Dire
che un po' mi dispiace per la visionaria Mary Shelley è un
eufemismo, però non è colpa mia se appena sento il nome
Frankenstein il mio cervello lo associa a due cose distinte: “si
pronuncia Fredrick Frankenstiiin” e Tim Curry in guêpière. Parlo
di “Frankenstein jr” di Mel Brooks e di quel cult movie
inossidabile di “The Rocky Horror Picture Show”.
Se
lo spettacolo teatrale di Richard non fosse stato adattato al grande
schermo e avesse avuto così tanto successo, avrebbe avuto l’impatto
culturale globale che ancora oggi vediamo? Non lo so.
Cosa
credo? Sì, credo che comunque sarebbe stato così dirompente. E
credo che Andrew Lloyd Webber ce lo potrebbe serenamente confermare,
visto che il suo “Cats” è ancora il più grande successo di
Broodway e che, anche se la Grande Mela non è dietro l’angolo,
tutti noi sappiamo di cosa parla e conosciamo un paio di canzoni.
Quindi
sì, credo che l’opera di Richard abbia avuto le carte in regola
per sfondare il tempo e lo spazio, ma che il film sia stato un
accelerante, a livello di acceleratore di particelle del CERN.
D’altro canto anche l’immenso Andrew Lloyd conosce le gioie del
vedere una propria creatura divenire un vero e proprio cult. Vi dice
niente “Jesus Crist Superstar”?
Perché
dico che TRHPS è stato un fenomeno sociale più che un cult movie?
Per dei semplici motivi.
Se
leggete in lingua, o avete mai visto un film sottotitolato, o sentito
qualcuno che ne parlava da un amico di un amico che lo ha sentito
dalla figlia del vicino, in inglese, per dare a qualcuno del
“bruttarello sciattone” (l’ho ingentilita), si usa il termine
riff-raff, che è il nome di uno dei due servi di Frank ‘n Furter.
Ruolo che Richard, nel film, ha voluto per se stesso.
Che
il nome di un personaggio fittizio venga usato per indicare una cosa
specifica indica, a mio parere, la magnitudo dell’impatto che tale
opera ha avuto con il pubblico. Ormai in inglese – e anche in
italiano – per dire che si deve fare una ricerca su internet, si
dice “google it” e ben sappiamo che vasto impero sia Google.
Immaginatevi quindi che impatto ha avuto TRHPS nella vita di
chiunque.
Ma
non è solo il divenire terminologia di uso comune a fare di TRHPS un
fenomeno sociale. A quarantun anni dall’uscita nelle sale - il film
è del 1975 e l’opera teatrale del 1973, gente! -, ci sono ancora
cinema, in giro per il mondo, che fanno gli spettacoli interattivi.
In
che senso interattivi? Nel senso che si va a vedere il film vestiti a
tema – sceglietevi un personaggio e dategli forma – e poi si
guarda il film partecipando, esclamando le battute a tempo e facendo
anche alcune mosse.
Se
non ci credete c'è una scena esplicativa nel film “Fame”, dove
due personaggi vanno a vedere proprio TRHPS e urlano le battute.
Oppure ci siamo io e il mio collega che balliamo “The time warp”
seduti sulle nostre sedie con le mosse perfettamente in sincro.
Scegliete quale delle due sia il migliore esempio dell’enorme
successo del film. E sì, se volete facciamo tournée.
Parliamo
ora nello specifico della storia e del personaggio principale, anche
se menzionerò un po' qua e un po' là tutti quanti.
La
storia è semplice. Brad Major and
his fiancée Janet Wiss
(la presenta così a chiunque, lo ripeterà cinquanta volte di
seguito da quando Janet gli dice sì, a inizio film), al ritorno da
un matrimonio e volendo passare a salutare un ex professore, si
perdono in un bosco, bucano e sotto un temporale degno di Noè
cercano rifugio in una casa (modello Addams) vista per strada. Casa
verso cui, poco prima, avevano visto arrivare un gruppo di
motociclisti.
Qui
vengono accolti dal maggiordomo/tuttofare Riff Raff e
dall’aiutante/domestica Magenta. Li accompagnano nel salone dove
c'è un incontro di Transilvaniani che ballano il “The time warp”.
I due si spaventano dall’aspetto degli astanti e stanno per
filarsela quando alle loro spalle si presenta il padrone di casa.
Frank ‘n Furter.
Un
immenso, stupendo, meraviglioso, inarrivabile, incommensurabile
Tim-come porto la guêpière io nessuno al mondo-Curry. Frank è uno
scienziato pazzo, che ha indetto la riunione per presentare al
pubblico la sua creatura. L’amante perfetto: biondo, muscoloso,
depilato, un po' tonto e privo della parola. Frank era un dritto,
lasciatevelo dire! Ora non sto a raccontarvi tutta la trama, vi basti
sapere che il buon vecchio Frank, che si è creato Rocky per uno
specifico uso, non si dispera quando questi scappa (e farà felice
Janet), e si consola buttandosi a pesce prima su Janet e poi su Brad.
La
storia è una parodia ma anche un pretesto. Non è così importante
di per sé. Importati sono i personaggi, come sono caratterizzati e
le canzoni. È un musical, di base, quindi sono le canzoni a farla da
padrone, non la trama. E io amo le canzoni del Rocky Horror!
Ma
parliamo dei personaggi che più mi hanno colpita o che sono
interpretati da personaggi famosi. Ah, parlo del film, non dell’opera
teatrale.
Prima
fra tutte la grandissima Susan Sarandon che interpreta Janet Wiss.
L’ambientazione è dei primi anni ’70, quando Nixon si dimette
per il caso Watergate, Janet è una tipica ragazza bene dei tempi:
ben vestita, tutta perfettina, morigerata, che attende solo di avere
il brillocco al dito per concedersi al suo Brad. Ma l’incontro con
Frank le cambierà la vita. Non solo la sconvolgerà visivamente
(Frank è una visione che merita una dettagliata descrizione), ma
scoprirà che esiste un mondo di persone diverse, un mondo che va al
di là delle convenzioni sociali, un mondo dove le persone sono
quello che vogliono essere, e la stranezza è tutto. Un mondo dove
non ci si deve adeguare, ma dove si può scegliere di essere liberi a
proprio modo. Prova ne è il pezzo che canta, “Touch-a touch-a
touch me”, prima di concedersi coscientemente e liberamente a
Rocky. Una specie di inno alla liberazione sessuale e alla
consapevolezza.
Purtroppo
la presa di coscienza non funziona su chiunque, e infatti se Janet
cambia vita (per lo meno a me piace pensarla così), Brad –
interpretato da
Barry Bostwick - rimane
intrappolato nel personaggio. Lo scontato Brad, il tipico bravo
ragazzo senza grilli per la testa Brad, il noioso fino alla morte
Brad. Anche se... Anche se a me Frank è sembrato soddisfatto dopo il
suo tête-à-tête notturno col noiosone.
Magenta
e Columbia, interpretate rispettivamente da Patricia
Quinn e Little Nell,
sono due chiamiamole comparse, ma così ben caratterizzate da
rimanere in mente. La prima soprattutto per essere la sorella di Riff
Raff/cameriera sexy, la seconda per essere una groupie di Frank e per
essere stata l’amante di Eddie, finché questi non sparisce nel
nulla di punto in bianco. Il contrasto tra Magenta e Columbia non
potrebbe essere più netto. La prima voce roca, graffiante, vestita
da cameriera sexy comprensiva di minigonna semi-inguinale e
giarrettiera, pallore e trucco nero sugli occhi. La seconda shorts a
righe arcobaleno, bustier di paillettes sempre nei colori rainbow,
papillon rosso a mo' di clown, giacca e tuba di paillettes dorati.
Nonché scarpe da tip tap. Un trucco che sembra l’antesignana di
una drag qualsiasi. E una voce che contiene più ultrasuoni di un
richiamo per delfini. Entrambe incarnando uno stereotipo di ambiguità
e oggetto sessuale.
Poi
c'è Eddie. Che merita una menzione per tre soli motivi:
- È interpretato da quel polpettone gigante di Meat Loaf
- Parte del suo cervello ora risiede nello statuario corpicione di Rocky
- Arriva facendo casino, canta “hot patootie, bless my soul, I really love that rock ‘n ‘roll” e poi ci abbandona definitivamente.
Senza
dimenticarci di lui. Colui che nella versione di Mary Shelley era
chiamato “la creatura”, e cioè Rocky Horror, interpretato da
Peter
Hinwood.
Rocky che non parla, Rocky che sembra uno da copertina di Men’s
Health, glabro e con la tartaruga nel verso giusto. Rocky che, a
differenza de “la creatura”, è spaventato dal suo creatore e
fugge, cerca riparo da quel personaggio così strano che lo ha creato
a suo specifico uso e consumo. Fugge da Frank per buttarsi tra le
braccette di una Janet più che compiacente.
E
questi, compreso il Dottor Everett Scott (interpretato da Jonathan
Adams),
sono gli attori non protagonisti che fanno da spalla all’unico,
inimitabile, inarrivabile, incommensurabile Frank ‘n ‘Furter aka
Tim
Curry.
Lo
sentite il tap-tap ritmico di un piede che impaziente batte a terra?
Lo vedete il plateau tacco 12 portato così divinamente? Le vedete
quelle gambe fasciate da calze a rete che finiscono in una guêpière
nera? Ora è il turno di un lembo di pelle visibile tra le mutandine
basse in vita e un bustier che gli avvolge il torso magro. O magari
state notando i guanti fino agli avambracci. O la pacchiana collana
di perle che indossa. Ma no, siete stati catturati da quei boccoli
castani che gli circondano il viso e che gli sfiorano le spalle magre
ma ben delineate. Da quella bocca peccaminosamente rossa, da quegli
occhi pesantemente truccati di nero e da quel sopracciglio
perennemente alzato indice di sfrontata sensualità.
Ora ascoltate quella
voce bassa e sexy che vi canta:
"Don't get
strung out
By the way I look
Don't judge a book by its cover
I'm not much of a man
By the light of day
But by night I'm one hell of a lover
I'm just a sweet transvestite
From Transexual, Transylvania"
By the way I look
Don't judge a book by its cover
I'm not much of a man
By the light of day
But by night I'm one hell of a lover
I'm just a sweet transvestite
From Transexual, Transylvania"
Se
non si è capito io provo una venerazione totale per Frank. Mi piace
troppo il suo personaggio. Egoista, egocentrico, sfrontato, che
sprizza sensualità da ogni poro e in ogni cosa che dice o fa. Che si
prende quello che vuole quando vuole.
Frank
è l’epitome dell’ambiguità sessuale ed estremamente sfrontato.
Il suo modo di vestire, di parlare urla queer, ma è fatto apposta.
Io direi che è un precursore di un altro mio amore, Conchita Wurst.
Con il suo esteriore così esasperato fa in modo che tu veda solo
quello che vuoi vedere e non la sua vera essenza. Citando
uno dei miei cockney preferiti, alias Johnny Rotten dei Sex Pistols
nel suo momento post SP:
“You never
listen to word that I said
You only seen me
For the clothes that I wear
Or did the interest go so much deeper
It must have been
The colour of my hair.”
You only seen me
For the clothes that I wear
Or did the interest go so much deeper
It must have been
The colour of my hair.”
Cioè, se ti fermi
al mio aspetto sei una persona misera. Io non sono quello che
indosso, io non sono come appaio, se ti fermi al superfluo ti
perderai un sacco di cose, ma soprattutto non mi capirai mai. Come
diceva Prince:
"I'm
not a woman, I'm not a man, I am something that you'll never
understand"
E
questo esprime ciò che Frank è e rappresenta.
Questa
opera teatrale prima e cinematografica poi, è un memento per
chiunque creda che le persone non possano essere imbrigliate in
categorie prefissate, per chi crede che non si debba essere solo
bianco o solo nero. Per chi non crede che sia la società e i canoni
morali a doverci guidare, per chi non crede che essere diversi,
pensare diversamente sia un male. Il male è essere imbrigliati in
una rete di classi e categorie prefissate, il male è fare le cose
perché gli altri ti impongono di farle, il male è non vivere come
si vuole, essere quello che si vuole, in barba alle convenzioni
sociali.
Quindi
abbandoniamo tutti i panni perbenisti e scateniamoci assieme in un
Time Warp!
***
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