8 mar 2016

DragWeek: "Conchita".

Altro giro, altra corsa! O meglio: altro giorno della Drag Week, altro indizio! Qualcuno indovinerà?

If Conchita could win Eurovision in a dress and a beard, then I could pimp out a homo jock in a leotard.”



Dovete sapere che io non ho mai guardato un Eurofestival e non mi convincerete a vederlo nemmeno dietro un lauto pagamento. Lo preciso per far capire come, il giorno dopo la finale, io sia caduta dal pero sentendo radio e TV parlare insistentemente di questa donna con la barba.
Visto che la curiosità è donna e io, per alcune cose – più che alcune direi rare, sporadiche, quasi inesistenti, tendenti al meno infinito – sono l’epitome della femminilità, mi sono subito attaccata a Google e l’ho cercata. E sono rimasta basita. Bellissima, stupenda, meravigliosa. Quando sorride io mi sciolgo.
In quel momento mi sono innamorata di Conchita. Poi ho visto il suo compagno e mi sono innamorata anche di lui. E della sua tecnica per mettere l’eyeliner. Invidia nera. Amore totale.


Il personaggio inventato e impersonato da Tom, l’alter ego - o meglio il privato - di Conchita, rompe tantissimi schemi. È una drag queen sotto tutti gli aspetti: parrucca, vestiti femminili, lunghissime e folte ciglia finte, tacchi alti. Ma è diversa perché è meno teatrale. È come se fosse androgina. Sai che è uomo perché il fisico e la barba sono abbastanza indicativi, ma allo stesso tempo è estremamente femminile - enfasi sulla parola estremamente.


Come ha spesso detto lei, il suo nome d’arte è una specie di dichiarazione d’intenti. Wurst è un termine gergale che significa “non me ne importa niente”, per indicare che a lei non importa se una persona è bianca, nera, gialla, rossa a pois, non le interessa la sua sessualità. Guarda e giudica solo la persona in base a quello che dice-fa-pensa. Il portare la barba deriva anche da questo.
Sono una drag, sì.
Adoro truccarmi, portare abiti femminili e indossare tacchi vertiginosi, ma chi lo dice che esistono delle regole da seguire?
Perché stereotipare? Io sono ciò che sono e ne vado fiera.



Le vite di Conchita e Tom non potrebbero essere più diverse. Di Conchita sappiamo tutto, fidanzato stella di boylesque compreso, mentre di Tom non vediamo nemmeno una foto dopo il 2011, anno in cui Conchita fa le sue prime apparizioni. Soprattutto del suo privato non sappiamo nulla.
L’impatto di Conchita con la vecchia Europa ha creato un marasma mediatico. Politici (russi) che si sono indignati per la sua vittoria, gruppi sui social contro la sua persona, polemiche anche quando è stata ospite del Festival di Saremo. Polemica che mi sento in dovere di appoggiare io stessa, perché se davanti hai Conchita, non la puoi chiamare Tom! Davanti a te hai la cantante, la vincitrice dell’Eurocontest, non il ragazzetto magrolino austriaco. A mio parere è stato un epic fail.



Un provocatore nato come Jean Paul Gaultier l’ha subito scelta per aprire le sue sfilate parigine e il successo di Conchita è arrivato anche oltreoceano, partecipando ai Golden Globe.
La popolarità e i riflettori puntati su Conchita l’hanno portata anche, a fine 2014, a incontrare il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, per lanciare un appello congiunto a sostegno della tolleranza, verso le minoranze sessuali e di coloro che vengono discriminati. Di lei, il Segretario ha detto che “vanifica i preconcetti su genere e sessualità”, e ancora “chiede alle persone di accettarla così com’è e questo è un messaggio forte. Nel mondo del XXI Secolo non c’è spazio per la discriminazione.”

E speriamo che il suo desiderio, “Sogno un futuro in cui non dovremo parlare di orientamenti sessuali, colore della pelle o convinzioni religiose”, prima o poi diventi realtà.




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