Altro
giro, altra corsa! O meglio: altro giorno della Drag Week, altro
indizio! Qualcuno indovinerà?
“If
Conchita could win Eurovision in a dress and a beard, then I could
pimp out a homo jock in a leotard.”
Dovete
sapere che io non ho mai guardato un Eurofestival e non mi
convincerete a vederlo nemmeno dietro un lauto pagamento. Lo preciso
per far capire come, il giorno dopo la finale, io sia caduta dal pero
sentendo radio e TV parlare insistentemente di questa donna con la
barba.
Visto
che la curiosità è donna e io, per alcune cose – più che alcune
direi rare, sporadiche, quasi inesistenti, tendenti al meno infinito
– sono l’epitome della femminilità, mi sono subito attaccata a
Google e l’ho cercata. E sono rimasta basita. Bellissima, stupenda,
meravigliosa. Quando sorride io mi sciolgo.
In
quel momento mi sono innamorata di Conchita. Poi ho visto il suo
compagno e mi sono innamorata anche di lui. E della sua tecnica per
mettere l’eyeliner. Invidia nera. Amore totale.
Il
personaggio inventato e impersonato da Tom, l’alter ego - o meglio
il privato - di Conchita, rompe tantissimi schemi. È una drag queen
sotto tutti gli aspetti: parrucca, vestiti femminili, lunghissime e
folte ciglia finte, tacchi alti. Ma è diversa perché è meno
teatrale. È come se fosse androgina. Sai che è uomo perché il
fisico e la barba sono abbastanza indicativi, ma allo stesso tempo è
estremamente femminile - enfasi sulla parola estremamente.
Come
ha spesso detto lei, il suo nome d’arte è una specie di
dichiarazione d’intenti. Wurst è un termine gergale che significa
“non
me ne importa niente”,
per indicare che a lei non importa se una persona è bianca, nera,
gialla, rossa a pois, non le interessa la sua sessualità. Guarda e
giudica solo la persona in base a quello che dice-fa-pensa. Il
portare la barba deriva anche da questo.
Sono
una drag, sì.
Adoro
truccarmi, portare abiti femminili e indossare tacchi vertiginosi, ma
chi lo dice che esistono delle regole da seguire?
Perché
stereotipare? Io sono ciò che sono e ne vado fiera.
Le
vite di Conchita e Tom non potrebbero essere più diverse. Di
Conchita sappiamo tutto, fidanzato stella di boylesque compreso,
mentre di Tom non vediamo nemmeno una foto dopo il 2011, anno in cui
Conchita fa le sue prime apparizioni. Soprattutto del suo privato non
sappiamo nulla.
L’impatto
di Conchita con la vecchia Europa ha creato un marasma mediatico.
Politici (russi) che si sono indignati per la sua vittoria, gruppi
sui social contro la sua persona, polemiche anche quando è stata
ospite del Festival di Saremo. Polemica che mi sento in dovere di
appoggiare io stessa, perché se davanti hai Conchita, non la puoi
chiamare Tom! Davanti a te hai la cantante, la vincitrice
dell’Eurocontest, non il ragazzetto magrolino austriaco. A mio
parere è stato un epic fail.
Un
provocatore nato come Jean Paul Gaultier l’ha subito scelta per
aprire le sue sfilate parigine e il successo di Conchita è arrivato
anche oltreoceano, partecipando ai Golden Globe.
La
popolarità e i riflettori puntati su Conchita l’hanno portata
anche, a fine 2014, a incontrare il Segretario Generale delle Nazioni
Unite Ban Ki Moon, per lanciare un appello congiunto a sostegno della
tolleranza, verso le minoranze sessuali e di coloro che vengono
discriminati. Di lei, il Segretario ha detto che “vanifica i
preconcetti su genere e sessualità”, e ancora “chiede alle
persone di accettarla così com’è e questo è un messaggio forte.
Nel mondo del XXI Secolo non c’è spazio per la discriminazione.”
E speriamo che il
suo desiderio, “Sogno un futuro in cui non dovremo parlare di
orientamenti sessuali, colore della pelle o convinzioni religiose”,
prima o poi diventi realtà.
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