29 gen 2016

RainbowRecensione: "Libertà" di Jay Kirkpatrick


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Ci sono libri che piacciono, libri che non piacciono, libri che inteneriscono, che fanno venire gli occhi a cuore, libri che fanno piangere.
E poi c'è “Libertà”. Un libro tosto, introspettivo, che mi ha suscitato una serie di domande e angosce. Un libro non facile, per niente, che ti lascia strane sensazioni.

Io amo King,
lo adoro, come mi mette angoscia lui non lo fa nessuno. Ma non perché mi spaventa, anche se lo fa. In fin dei conti è colpa sua se scimmie e clown non li posso vedere manco dipinti! Quello che fa il Re è farmi pensare a dei comportamenti, esacerba quelle parti di me a cui non voglio minimamente pensare. Uno dei libri suoi che mi hanno più fatto pensare e che ho adorato di più per lentezza, per ambientazioni e caratterizzazioni particolari è stato “L’ombra dello scorpione”. Questo libro me lo ricorda un sacco. Non ha nulla in comune, a parte l’ambientazione post-apocalittica e che si svolge a Las Vegas. Però i primi capitoli, quando la mente di Jac è un delirio, mi ha ricordato Pattume che, andando a recuperare l’arma nucleare, sclera completamente. La seconda parte invece mi ha ricordato Larry e i suoi dubbi di coscienza. E la seconda parte è riferita a Paddy.
Ma è meglio andare con ordine.

Ambientazione: l’anno è imprecisato. Il tempo non viene più definito da a.c. e d.c., ma prima dello Scoppio e dopo lo Scoppio. Siamo a New Las Vegas. Tutte le città in questo nuovo ordine sono divise in due parti: la Città vera e propria e l’Esterno. La prima è perfetta, bianca, intonsa, si lavora, si produce e si guadagna. All’esterno è tutto sporco, caldo e si sopravvive come si può. Patrick – Paddy per gli amici – vive nella Città e si sente un privilegiato. Prima viveva fuori con Eve e Charlie. Ma poi fa il test è viene accettato come Empath e la sua vita cambia. Anche Eve aveva fatto il test, ma il suo era durato una settimana e l’aveva lasciata in uno stato mentale pessimo.

Paddy ha la possibilità di fare carriera quando il suo capo Sam gli affida il suo primo incarico in solitaria: esaminare una persona arrivata lì tempo prima, qualcuno che nessuno era riuscito a scoprire chi fosse e cosa o chi lo avesse ridotto in quello stato. John Doe 439. Paddy è eccitato all’idea, pensa già al nuovo e più grande appartamento che potrà permettersi in futuro, alle cose che potrà dare a Eve e Charlie per aiutarli. Non sapendo che, per lui, John Doe sarà la fine di tutto. O l’inizio di tutto. Dipende da come lo volete leggere.
Piccola nota da precisina: se non lo sapete John Doe è il nome con cui gli anglofoni indicano una persona dall'identità sconosciuta. Invece di chiamarlo NN hanno deciso di chiamarlo con il nome più comune fra i comuni, in Italia sarebbe Mario Rossi 439.

Personaggi: i principali sono Paddy e Jac (John Doe), ma lungo la loro strada verso la libertà conosceremo molte persone. I più importanti sono sicuramente Sam, Dana e Rob.
Cosa dire di Jac? Quando Paddy lo conosce e si apre a lui (la capacità degli Empath è quella, tra le altre, di aprire la mente e percepire pensieri, sentimenti e sensazioni delle altre persone) sente un delirio di dolore, frustrazione, paura, domande non risposte e una solitudine che ti mette in ginocchio. Jac è emaciato, tremante, non parla, non risponde. È nudo perché se gli danno dei vestiti tenta di usarli per uccidersi. Se mangia - quel poco che ingerisce - lo fa con le mani, perché con la forchetta ha tentato di ammazzarsi.
Il suo dolore e il suo essere fuori da ogni contesto sono così ben descritti, così reali, che mentre li leggi provi tutto quello che provano Paddy e Jac. Pian piano Paddy capisce come superare quel muro di dolore e riesce a raggiungere Jac. E Jac inizia a fidarsi sempre di più di Paddy. Verbalmente comunica male (si scoprirà il motivo in seguito), ma mentalmente è tutta un'altra storia.

Paddy scopre che Jac è un vero e proprio talento. Uno che riesce a comunicare telepaticamente, che riesce a fare cose indescrivibili. Ma scopre anche altre cose. Scopre il bisogno di proteggerlo, di fargli alleviare le innumerevoli e profonde sofferenze, il desiderio di renderlo felice, il desiderio di toccarlo.
E questa è la cosa più sconvolgente per lui, perché la prima regola di un bravo Empath è quella di eliminare totalmente il contatto fisico. Toccare, gli hanno detto, inibisce i poteri. Perché allora vuole accarezzare, abbracciare, stringere sempre Jac?

Da quel momento, da quel desiderio, il velo che copre gli occhi di Paddy inizia a calare inesorabilmente. Non è una presa di coscienza alla “ho visto la luce”, anzi, cerca in tutti i modi di zittire quella parte di sè che gli fa notare cosa ci sia di sbagliato in tutto quel candore, quella bianca, sterile perfezione. Quel bianco che nasconde nella sua luce il nero dei cuori e delle intenzioni degli occupanti del centro Empath. E non sto di certo parlando dei pazienti.

Inizia così la parte più difficile. La fuga di Jac verso un posto dove non possa essere trattato da cavia umana, e come tale piegato alle altrui esigenze, e il dilemma interiore di Paddy. Lasciare qualcosa che conosce, rimettersi il velo e faticare a tenerlo sul posto per riprendere la propria vita pre-John Doe 439, o mollare tutto e seguire ciò che corpo e anima gli stanno urlando a squarciagola?

Per concludere l’ho trovato un libro intenso, profondo. La prima parte è cupa, sconclusionata e passa velocemente da un sentimento a un altro. Ma trovo sia stata una scelta azzeccata. Dava esattamente l’idea di come potesse essere la testa di Jac in quel momento e, man mano che la nebbia di dolore e paura si diradava, anche la scrittura si faceva più lineare, meno impazzita e più corale.
Lo consiglio? Senza ombra di dubbio. Piacerà e verrà capito? Non lo so, spero di sì perché merita. Per quel che mi riguarda è un 5 arcobaleni dai vividi colori e assolutamente meritati.


May the multicolor be with you

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