1 ott 2015

RainbowRecensione in anteprima: "Bartender, PI" di Ethan Stone.

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DATA DI PUBBLICAZIONE 2 OTTOBRE


Titolo: Bartender, PI


Titolo originale: Bartender, PI


Autore: Ethan Stone


Traduttore: Emanuela Graziani


Lunghezza: 100 pagine


Casa editrice: Triskell Edizioni



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Quando Linc Carpenter, star dell’hockey, viene bandito dalla federazione e gli viene impedito di praticare lo sport che ama, decide di ricominciare da capo servendo drink a Tampa.
Come barista è una frana, così coglie al volo l’opportunità di farsi addestrare come investigatore privato. Non è molto bravo neanche in quello, ma riesce comunque a farsi assumere per seguire il magnate della moda Quentin Faulkner.


Mentre l’incompetenza di Linc si dimostra essere un ostacolo, Brady Williams, la muscolosa guardia del corpo di Faulkner, potrebbe rivelarsi la sua rovina.


Malgrado l’incompetenza di Linc, Brady si sente attratto da lui e la stupidità di Linc potrebbe essere proprio ciò di cui hanno bisogno per risolvere il caso e salvare le loro vite.


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Avete presente quei romanzi non lunghissimi, leggeri, adatti a passare una serata spensierata ma che, per qualche strano motivo, a te che leggi provocano tutta una serie di ragionamenti seriosi che non pensavi minimamente di poter fare?


Ecco cos’è per me questo libro.


Dopo i primi 3 o 4 capitoli ho subito scritto a Bubba “cavolo qui il connubio sportivo e senza cervello è elevato all’ennesima potenza, ma in senso buono” e anche se poi i pensieri sono virati verso profondità inaspettate, la base rimane comunque questa.


Linc, per sua stessa ammissione, sa fare solo due cose: giocare ad hockey e fare sesso. È cresciuto per giocare a hockey, è stato spronato a farlo. È stato l’hockey l’unica cosa che il padre, gli insegnanti, chiunque, si aspettava che sapesse fare. Non importava che Linc confondesse e confonda ancora le parole, non importava un’istruzione, non importava imparare un mestiere alternativo, perché Linc sapeva giocare a hockey. E quando la sua seconda specialità ha rovinato totalmente la prima – farsi beccare sepolto nel sedere del figlio del presidente dell’associazione hockey non è stata una scelta così azzeccata – ha dovuto partire da zero.


E se avete fatto caso a ciò che ho detto prima, lo zero è veramente uno zero.


E fu così che si trasferì in Florida, da un suo ex allenatore. L’unico suo mentore, colui che non solo gli ha insegnato l’hockey, ma gli ha anche dato lezioni di vita e che, soprattutto, gli ha insegnato che non c'è niente di male a essere attratti e desiderare persone del tuo stesso sesso. Perché anche lui è cosi e non se ne vergogna. Però deve mantenere un basso profilo perché il mondo (io azzarderei in generale, ma nello specifico parlava dell’hockey) non era pronto per un allenatore omosessuale, o un giocatore.


Come Linc descrive il suo scoprirsi gay, cosa gli sia stato insegnato dell’essere gay e cosa invece vede guardando l’unico gay che conosce, è al contempo così normale e così intriso di pregiudizi da sembrare una finzione:


Ero sempre stato attratto dagli uomini, anche quando ero un ragazzino. La pubertà̀ peggiorò le cose. Al liceo i ragazzi si eccitano di continuo, quindi le mie erezioni non rivelarono le mie fantasie segrete. Non riuscivo ad ammettere di essere gay neanche con me stesso. Mio padre mi aveva sempre detto che le checche erano persone malate e deviate. L’immagine che avevo di un finocchio era quella stereotipata di un uomo effeminato che gesticolava e parlava per esclamazioni. Tyson fu il primo uomo che conobbi che mise in dubbio quell’immagine. Mi aveva insegnato che amare un uomo non voleva dire che ero meno mascolino o debole. Tyson mi aveva detto che potevo essere un buon giocatore di hockey ed essere anche gay. Sfortunatamente, ciò̀ significava nascondere la mia sessualità̀, come aveva fatto lui per anni.


Tyler aveva smesso di fare l’allenatore e si era comprato un bar. Linc andrà da lui per dargli una mano come barista. Un giorno, essendo stato spedito nell’ufficio di Tyler dopo l’ennesima cavolata, scopre che Ty ha anche la licenza da Investigatore Privato, come Magnum, e decide di voler provarci anche lui perché:


È tipo il lavoro dei miei sogni. Beh, oltre che giocare a hockey ed essere lo schiavo sessuale personale di Ryan Reynolds


Ecco il motivo per cui il titolo è “Bartender P.I.”


Ora, quando Linc dice di non saper far nulla, credetemi, non si sta sottovalutando, per niente. Ma la sua inettitudine non è fastidiosa, anzi, la maggior parte del tempo passato a leggere i vari piani A - seguiti dai B - tocca pensare al C - accidenti andiamo col D - oh miseria che mi invento con l’E? - Ohhhh nooo aiuto l’F; ho provato profondo affetto e stima per Linc.


Perché, vedete, lui sa di non aver mai investito un minuto della sua vita a far altro se non giocare, sa di non avere abilità, è conscio dei suoi problemi linguistici (io sto ancora ridendo quando, nascosto in barca, capisce di soffrire il mal di mare e si maledice per non aver con sé del Travelgnam), sa di essere universalmente conosciuto come uno scemo, ma non si dà per vinto. Non si commisera, non vuole che tu gli faccia la carità, vuole imparare, vuole capire quale sia la sua strada e vuole appartenere al mondo.


E apparterrà, a Brady. Ma la loro storia è il cardine/mistero del libro e quindi non vi dirò nulla, però se volete vi posso raccontare della terza cosa che Linc sa fare bene: ricordarsi eventi, dialoghi e attori comparsi in ogni singola puntata di ogni stagione de “La valle dei pini”.


Se avete la mia età – 20 anni ripetuti due volte – conoscerete anche il trittico che imperversava negli anni ’80 su Rete4 e cioè Il tempo della Nostra Vita – La Valle dei Pini – Una vita da Vivere e lo conosce anche Linc. A me, sapere che mia madre (e io per osmosi) e Linc erano espertoni di soap opera mi fa schiattare.


Ma è grazie a questa sua memoria fotografica che riesce a risolvere il caso!


Concludendo l’ho trovata una lettura piacevole, agro-dolce perché in alcune affermazioni Linc mi faceva una tenerezza unica, con momenti assurdi e ridicoli dove pensi “Ma porca Linc...” e alcuni personaggi talmente bizzarri da pensare “ma che s’è fumato Ethan?”


Generalmente, essendo un romanzo abbastanza breve, avrei dato un voto inferiore, ma sono anche un cuore tenero e Linc tocca i miei tasti giusti e poi amo le commedie dell’assurdo (non si possono non considerare i Monty Python dei geni, anche se i loro film non vengono capiti da tutti), quindi alla fine do un bel 4 arcobaleni.


4 arcobaleni


May the multicolor be with you


***




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